Presentati a Casamassima (Bari), lo scorso 9 luglio i risultati della ricerca “Giovani avvocati, così altrove o altrimenti”, prima indagine dell’Osservatorio permanente giovani avvocati creato su iniziativa del Consiglio nazionale forense con la collaborazione di Aiga e LexExpo.
La rilevazione è consistita in un questionario inviato per mail a giovani avvocati iscritti alla cassa forense, individuati nella fascia di età compresa tra i 25 e 38 anni. L’obiettivo è stato quello di analizzare il percorso professionale dei praticanti e dei giovani avvocati e delle motivazioni che ne hanno accompagnato le scelte. Cosa ne è uscito fuori da questo sondaggio? La ricerca ha evidenziato che i giovani avvocati scelgono la professione perché amano il diritto (80%) e non certo per le aspettative di reddito (6%), molti perché proseguono una tradizione familiare. Non si aspettano di guadagnare, tanto che indicano come livello reddituale confacente al proprio impegno professionale la fascia più bassa tra quelle proposte, ossia da 30mila a 50mila all’anno. Di converso, i punti critici di debolezza che accompagnano la scelta della professione sono la difficoltà ad accedere a un reddito in tempi ragionevoli (73,5%), soprattutto per le donne e per coloro che fanno parte di studi di dimensioni medio-piccole, l’incapacità di attrarre clientela (6%), e il risiedere in una zona depressa (5,4%). Sotto il profilo del reddito, appaiono più penalizzati i giovani avvocati che hanno aperto uno studio con altri colleghi limitandosi dividerne le spese; mentre sembrano premiati coloro che scelgono l’associazionismo.
Tra le opportunità di crescita, i giovani avvocati annoverano l’associazione con altri colleghi (43,1%) e il marketing (33%), insomma uno svolgere la professione “altrimenti”. La cifra dell’”altrove” è preferita nelle regioni meridionali, dove si vorrebbe cambiare studio, cambiare città o regione, andare all’estero.
Interessantissimi i risultati relativi al rapporto dei giovani avvocati con la clientela. Come si contattano i clienti, si applica o no il tariffario? La maggior parte degli intervistati (33%) entra in contatto con i clienti tramite il passaparola, il 29% per conoscenza personale. Tuttavia il numero degli incarichi ottenuti dalla maggioranza (36%) è inferiore alle aspettative. Il 40% degli intervistati dichiara di applicare una tariffa mista tra quella tabellare e quella forfetaria, “dimostrando che è consuetudine tra i giovani derogare alle tariffe per acquisire clientela”.
Quanto invece all’utilizzo della tecnologia, gli avvocati, seppur giovani sono troppo legati alla carta e all’inchiostro, infatti solo il 29,7% dichiara di utilizzare un software gestionale; solo il 22% lavora in studi che hanno un sito web e usano la rete come strumento di comunicazione e promozione professionale. Insomma, emerge un’inspiegabile distinzione tra l’uso personale e quello professionale che i giovani avvocati fanno delle nuove tecnologie: assiduo ed evoluto il primo; pressoché nullo e limitato alla scrittura degli atti il secondo.
Infine, la ricerca prova a indagare anche il lato della domanda delle imprese di servizi legali come base per comprendere come e verso quali ambiti di attività indirizzare i giovani: sono state 703 le aziende contattate, tutte con studi legali interni per una maggiore facilità. Il 94% fa ricorso all’assistenza di uno studio legale esterno, di fiducia o specializzato. Lo fa per la gestione del contenzioso e degli arbitrati; la modalità di tariffazione applicata è quella mista (tariffaria, oraria, forfettaria). I settori del diritto più richiesti sono il contenzioso societario o commerciale, il diritto del lavoro, il diritto industriale.
Fonte: Ufficio Stampa del Conisglio Nazionale Forense