È difficile stimare un fenomeno di questa tipologia e forma professionale e contrattuale, soprattutto in Italia dove spesso viene confusa o volutamente assimilata ai classici contratti di consulenza o a progetto (anche per pigrizia intellettuale). È certo, però, che sempre più manager e profili di middle-low management ricorrono alla soluzione di temporary management come stimolo alla domanda consulenziale da parte delle aziende. Il temporary manager trova i propri natali nei paesi anglosassoni e migra nei Paesi Europei sotto forme ed interpretazioni diverse.
In Italia il temporary management si è affermato nel tessuto economico in modo estremamente lento e silenzioso, rimanendo relegato ad una nicchia di servizio paragonabile ad una consulenza atipica ed artigianale.
Pur essendo presente in Italia, il temporary management non ha mai raggiunto i medesimi tassi di sviluppo ottenuti negli altri paesi europei, anche a causa delle nostre peculiarità storiche, economiche, normative e culturali/imprenditoriali. Infatti, malgrado sia un termine sulla bocca di tutti, sono ancora eccessivi gli elementi di confusione che circondano questa figura: non ultima la scarsa attenzione da parte di istituti ed organizzazioni di ricerche e di analisi economiche, che non aiutano a fare chiarezza sulle dimensioni reali del fenomeno. Inoltre, l’assenza di informazioni e di comunicazioni su questa nuova forma di operatore professionale rende incerte le stime tendenziali e previsionali.
Non a caso il temporary management si configura come un’esperienza “sommersa” che vede, secondo alcune indagini, il coinvolgimento di circa 500 temporary manager (sia free lance che affiliati) a fronte di un bacino potenziale di 10.000 operatori (fonte Federmanager).
Volendo ricorrere alle poche organizzazioni italiane di categoria (tra le quali l’ATEMA), è possibile delineare e dare un più concreto contorno alle figure di temporary manager presenti nel nostro Paese: essi sono per lo più dirigenti o gestori (manager) qualificati o con competenze specialistiche di funzione in grado di svolgere progetti di carattere imprenditoriale anche di natura interfunzionale e internazionale.
Gli ambiti di applicazioni in cui i temporary manager sono strutturalmente chiamati a operare sono principalmente aree di intervento risolutivo in crisi aziendali e/o sostitutive (ad interim) di vuoti manageriali in azienda, oppure in fasi iniziali di sviluppo del mercato o di business.
Desidero citare una recente ed esaustiva indagine conoscitiva sul tema, una delle poche in Italia, condotta nel 2007 dal Gruppo Intersettoriale dei Direttori del Personale (GIDP/HRDA) che analizza il grado di conoscenza e utilizzo che le imprese fanno del temporary management. L’indagine è stata condotta su un campione di circa 114 direttori del personale ai quali sono state rivolte domande sul grado di conoscenza e utilizzo del temporary management, sul loro riscontro di soddisfazione nelle performance ottenute, sulle criticità e difficoltà affrontate.
L’esito dell’intervista ha indicato come l’86% del campione affermi di conoscere già il temporary management ma solo un 14% sostiene di averlo utilizzato almeno una volta. Questa dicotomia lascia ahimè pensare che gli intervistati affermino di conoscere il fenomeno per pura “arroganza” intellettuale e che non sappiano proporre all’interno, prima, e utilizzare al meglio, dopo, lo strumento del manager temporaneo.
L’indagine ha dimostrato che le figure di temporary manager sono impiegate in due momenti ben scanditi della vita aziendale: quelli di crisi e di sviluppo/incertezza: