In Italia ci sono circa cinquecentomila ingegneri (di cui più di duecentomila sono iscritti all’Albo) e tutti – o quasi – possono dormire sonni tranquilli. Infatti secondo alcuni dati presentati dal Corriere della Sera, sembrerebbe che solo il 4% dei neolaureati in ingegneria resterebbe senza occupazione, ma se si tiene conto della negatività congiunturale dell’anno, la cifra è pari a zero.
Ma nonostante tutti siano pazzi per gli ingegneri, questi guadagnano ancora troppo poco e sono pochi quelli che trovano il coraggio per mettersi in proprio aprendosi una partita iva (soltanto circa il 18% ha una partita iva). Sono finiti i tempi in cui bastava aprire uno studio e aspettare che arrivassero i clienti. Specialmente al Sud dove gli ingegneri oggi si sentono ai margini della società e non adeguatamente valorizzati, perché in sovrabbondanza rispetto alle esigenze del territorio. E allora che fare? molti ingegneri del Sud-Italia, si trasferiscono al Nord dove scelgono un lavoro da dipendente in società o compagnie di costruzione (circa il 75% degli ingegneri ha un lavoro come dipendente).
Questa situazione comporta una remunerazione ancora troppo bassa per una professione che, sebbene basata su logiche imprenditoriali, conserva un intrinseco carattere intellettuale. Così oggi un giovane ingegnere al primo impiego riesce a guadagnare non più di 1.300 euro al mese, che dopo cinque anni si tramutano in appena 1.680 euro. Chi si accontenta resta in Italia, magari al Nord, e chi invece vuole provare a guadagnare di più, si sposta all’estero dove i livelli retributivi sono in media superiori del 25-30%.
Ma chi sono gli ingegneri a partita Iva?
Si tratta prevalente di ingegneri operanti nel settore delle costruzioni (circa il 90% degli ingegneri a partita Iva), organizzati perlopiù in piccoli studi singoli o associati (massimo cinque associati).
I grandi studi associati in Italia sono pochi, ma riescono comunque ad avere la meglio nei grandi appalti, riuscendo a ribassare anche di molto i costi delle performance lavorative. A discapito della qualità del lavoro complessivo. Secondo i colleghi piccoli professionisti.